Perché “vita cristiana”?

 L’uso e, a volte l’abuso, della formula utilizzata su social, siti internet, giornali cartacei e on line, merita un approfondimento, soprattutto perché la si incontra spesso nel Catechismo della Chiesa Cattolica, gli esperti contano ben 36 volte. Gironzolando su internet ci imbattiamo in un bellissimo articolo di Luis Gallo, Salesiano, docente emerito di teologia dogmatica che tenta, con un certo successo, di fare luce sulle parole: vita cristiana. Egli scrive: “La prima cosa da rilevare, prendendo in considerazione il sostantivo dell’espressione in questione, è che il cristianesimo è, precisamente, questo: una vita” Quando si parla di vita intesa nel senso cristiano, non ci si può limitare alla pur essenziale adesione alle dottrine proclamate dalla chiesa o alla partecipazione ai riti sacramentali che sono un punto fermo dell’identità cristiana. “E’ indiscutibile che per essere cristiani si richiede l’adesione a delle verità rivelate da Dio e trasmesse attraverso le Scritture e il Magistero della chiesa (…) ma occorre però ricordare che l’adesione a tali verità ha un valore solo strumentale, non finale. Le verità della fede vanno conosciute nella loro precisa significazione e l’adesione ad esse è indispensabile in quanto sono delle verità salvifiche”. Se si dimentica questo rapporto funzionale, questa strumentalità, il rischio è che vita e fede divergano, è pertanto necessario che “oltre all’adesione a delle verità di fede, per essere cristiani occorre anche aderire a delle norme morali che la chiesa enuncia come attuazioni concrete delle istanze evangeliche”. Senza scadere nell’ossessione che, di fatto, qualche volta, ha connotato alcuni documenti magisteriali, diviene fondamentale quella componente morale imprescindibile per cui: “chi segue il Vangelo non può assumere certi comportamenti che gli sono chiaramente contrari”. Viene naturale pensare all’ottavo comandamento: “non pronunciare falsa testimonianza contro il tuo prossimo”. Nella catechesi della Chiesa Cattolica si legge: “L’ottavo comandamento proibisce di falsare la verità nelle relazioni con gli altri. Questa norma morale deriva dalla vocazione del popolo santo ad essere testimone del suo Dio il quale è verità e vuole la verità. Le offese alla verità esprimono, con parole o azioni, un rifiuto di impegnarsi nella rettitudine morale: sono profonde infedeltà a Dio e, in tal senso, scalzano le basi dell’Alleanza”. L’esortazione della Chiesa ci impegna nella vita in modo concreto; non può sfuggire a nessuno che il valore del comandamento propone una convergenza tra verità di fede e morale e, nel contempo, di una concezione virtuosa delle relazioni umane, fondata sulla lealtà di quel patto comunitario che ci definisce come cittadini. La vita cristiana non è quindi soltanto adesione alle verità dottrinali, né mera osservanza di prescrizioni morali o partecipazione ad atti di culto, essa è molto di più: è la nostra intera esistenza vissuta all’insegna della proposta di Gesù Cristo nel suo messaggio evangelico. 

08/04/2023 

Maurizio Paolucci 

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